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Testamento biologico. Veronesi, Camilleri, Rodotà, Flores d’Arcais al PD: la posizione del partito è una resa. Franceschini: “Nessuno può dettare la linea”

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Umberto Veronesi, Andrea Camilleri, Stefano Rodotà, Paolo Flores d’Arcais e scrivono al neo-segretario del PD, Dario Franceschini, a cui indirizzano una lettera dal contenuto chiaro ed esplicito: gli emendamenti del PD sulla legge “fine-vita” non sono una mediazione, sono una resa”.

Nella lettera leggiamo che

Il Partito democratico aveva il suo progetto di legge da anni, e con tale programma andò alle elezioni che portarono al secondo governo Prodi: la legge firmata da Ignazio Marino. Ogni passo indietro rispetto a tale proposta sarebbe una rinuncia pura e semplice ai diritti elementari sanciti dalla Costituzione, dalla convenzione di Oviedo, dalle sentenze della Cassazione. Abbiamo letto che il suo partito sarebbe comunque orientato a dare ai suoi parlamentari “libertà di coscienza” al momento del voto. Ci sembra che tale atteggiamento sia frutto di un fraintendimento molto grave. Se venisse presentato un disegno di legge che stabilisce la religione cattolica come religione di Stato, proibisce il culto ai protestanti valdesi e obbliga gli ebrei a battezzare i propri figli, sarebbe pensabile – per un partito politico che prenda sul serio la Costituzione – lasciare i propri parlamentari liberi di “votare secondo coscienza”, a favore, contro, astenendosi? O non sarebbe un elementare dovere, vincolante, opporsi a una legge tanto liberticida?

Nel giro di poche ore arriva la risposta di Franceschini: “nessuno può dettare la linea”.

A parte il Vaticano, naturalmente.

Dario Franceschi e Walter Veltroni


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